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Sotto una buona stella - Recensione

Un film sulla famiglia e sulle difficoltà di un genitore di fronte ai figli, che non hanno una speranza nel futuro: Carlo Verdone racconta il presente con una commedia che non vuole solo far ridere ma anche riflettere


Federico Picchioni è un uomo d’affari divorziato, che da un giorno all’altro si trova disoccupato e a doversi prendere cura della sua famiglia, con tanto di figli ventenni e nipotina a carico. Carlo Verdone, il regista che racconta da anni vizi e virtù degli italiani con incredibile realismo, torna a parlare di famiglia e affronta il tema della solitudine. I protagonisti sono persone che vivono sotto lo stesso tetto, eppure sono poco più che estranee, ma non è tutto: la cosa che accomuna tutti è l’essere disadattati, soprattutto a causa della crisi che non permette la collocazione desiderata dai protagonisti nella società. Da qui Verdone parte per raccontare le difficoltà dei giovani al giorno d’oggi, finendo con il constatare che l’unica vera chance per loro è emigrare all’estero.
Rispetto ai film dei primi anni, vediamo un’evoluzione nel personaggio Verdone, che non è più solo e al centro dell’attenzione, ma si circonda di comprimari per costruire una commedia corale.
All’inizio la risata è facile e macchiettistica, ma con l’andare avanti della storia la comicità diventa meno prevedibile e un po’ più sottile. La coppia Carlo Verdone-Paola Cortellesi funziona bene sullo schermo e l’istrionica attrice riesce a dare il meglio di sé, soprattutto in alcune scene improvvisate.
Anche gli attori che interpretano la parte dei figli, Tea Falco e Lorenzo Richelmy, si dimostrano all’altezza dal punto di vista della recitazione.
Sotto una buona stella non è sicuramente uno dei migliori film del regista romano, ma nemmeno è il caso di considerarlo tra i peggiori. Il pregio di Verdone, attento osservatore della realtà contemporanea, è quello di tracciare un quadro nitido di situazioni e storie vere. E sicuramente non è semplice far ridere partendo da storie drammatiche.

Il finale si discosta molto dai suoi ‘classici’ che abbiamo visto e rivisto negli anni: Verdone vuole sicuramente lasciarci, quando si accendono le luci in sala, con una speranza positiva nel futuro; questo, però, va a scapito di una certa coerenza con tutto ciò che è stato mostrato per quasi due ore di pellicola e da uno come lui non ce lo si aspetta.

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