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I corpi estranei - Recensione

Deludente opera seconda per Mirko Locatelli: idea iniziale valida e sviluppo in decrescendo fanno de I corpi estranei un lavoro paradigmatico del momento attuale del cinema italiano

Il primo film italiano in Concorso al Festival del Film di Roma è l'opera seconda di Mirko Locatelli, autore già svariati documentari, oltre che produttore cinematografico: I corpi estranei cerca di ripercorre quelli che sono i temi preferiti del regista, in larga parte indotti dalla sua esperienza personale: la malattia e l'adolescenza.
Antonio giunge a Milano, tappa finale del viaggio della speranza per cercare di curare il figlioletto malato di cancro al cervello. E' un uomo solitario, schivo, al limite della rudezza, in macchina ascolta sempre il notiziario sulla viabilità anche quando sta fermo nei parcheggi, non ama il contatto con gli altri, a maggior ragione se di magrebini si tratta. Nella stanza accanto a quella del figlio giace malato un ragazzo tunisino, cui fanno compagnia altri giovani con cui Antonio è, obtorto collo, costretto a relazionarsi.
Come impianto iniziale la storia avrebbe anche i giusti connotati, ma nel momento di svilupparla, Mirko Locatelli non riesce quasi mai ad essere convincente, anzi si perde in situazioni che appaiono al limite dell'inverosimile. Può un padre col figlio in rianimazione prendere ed uscire dall'ospedale per inseguire i magrebini della stanza accanto e ritrovarsi così di punto in bianco a farsi arruolare come scaricatore ai Mercati Generali per una misconosciuta carenza di denaro, che a ben guardare mai si era sospettata? Può la prevenzione contro gli arabi "che puzzano" portarlo ad essere così aprioristicamente ostile verso i suoi compagni di sventura della stanza accanto, proprio quando la solitudine e la malattia, la disperazione e la preoccupazione dovrebbero infondere invece una necessità quasi fisica di conforto? Può la tematica del confronto interculturale essere spinta fino a questo punto senza dare un minimo di traccia narrativa personale che ne spieghi le ragioni? Ed infine il collegare l'incursione notturna di Jabar nella stanza del piccolo malato per cospargerlo di qualche mistura 'magica' con una guarigione repentina, come va interpretata se non come un pregiudizio culturale anche abbastanza dozzinale? E' per tale motivo che il film non regge, si sgonfia presto, si adagia su toni volutamente lenti, senza un corrispettivo narrativo valido, al punto che alla fine il film perde per strada ogni minima traccia iniziale che poteva far ben sperare.

Non basta al lavoro di Locatelli la buona prova di Filippo Timi, uno dei pochi attori italiani realmente carichi di talento, per strappare un giudizio positivo. Semmai quello che si deduce dalla visione de I corpi estranei è la convinzione sempre più tangibile che il cinema italiano si trovi in una pericolosa palude narrativa in cui sembra sempre più difficile riuscire a raccontare storie (non idee, quelle ci sono pure...) che abbiano il senso del compiuto.

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