Recensioni film in sala

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniIn salaFoxfire - Ragazze cattive - Recensione

Foxfire - Ragazze cattive - Recensione

Racconto di un'America anni '50 e della ribellione (gratuita?) di ragazzine arrabbiate: il nuovo lavoro di Laurent Cantet, pur evitando i toni pesanti di La Classe, presenta qualche ombra di troppo. Il mito della felicità e del benessere è però sgretolato


Foxfire - Ragazze cattive, secondo film girato al di fuori dei confini europei da Laurent Cantet, si ispira al romanzo di Joyce Carol Oates ed è uno sguardo severo che sgretola il mito dell'America degli anni '50, epoca che nella cinematografia mondiale ha sempre costituito una sorta di imperituro paradigma della felicità e del benessere.
In quegli anni, nella provincia della costa est, si ambienta la storia di una gang femminile composta da adolescenti, che quasi per un istinto di sopravvivenza creano un gruppo semisegreto per difendersi dalle angherie maschili, gruppo al quale si accede mediante un rito di iniziazione nel quale si giura eterna fedeltà. Tutto bene se non fosse che a parte la protagonista principale, con una famiglia disintegrata alle spalle, ed un'altra ragazza, che conosce sulla sua pelle le regole del branco, non si riesce a capire bene cosa spinga queste ragazze a mollare la casa e andare a vivere in una specie di comune con sede in una scalcinata villa decadente: gusto per la ribellione gratuita? Disagio giovanile? Anelito alla 'sorellanza'? Sta di fatto che il manipolo di ragazzine incavolate inizia questa vita molto effimera in cui il sostentamento deriva da spese proletarie fatte a danno di maschietti arrapati.
Come sempre, da schema, in simili situazioni all'entusiasmo iniziale seguono i contrasti, le discussioni, i mezzi tradimenti e qualcuno parte per la tangente ideando imprese più grandi al di fuori della portata della banda.
Tutto il film è narrato, anni dopo, sotto forma di memoria, da una delle componenti della banda e ben si capisce da subito la più che probabile deriva drammatica della storia.
Sugli archetipi del mito americano Cantet costruisce una storia che va a minare certi luoghi comuni, affidandosi però a canoni tipici dell'epoca: è un'America razzista e sessista, tra insegnanti laidi e sproloqui clericali anticomunisti, infatuazioni rivoluzionarie e persino un mezzo prete bolscevico che funge da grande vecchio, ma, è qui sta il grande buco del film, manca l'indagine su queste vite votate alla ribellione, quasi fosse un naturalistico e darwiniano passaggio dell'evoluzione individuale, ondeggiando sempre tra atmosfere da C'era una volta in America (in gonnella) e da Sunny.

Il regista, per fortuna, mette da parte il tono un po' snob, un po' da vecchio 'trombone', usato in La Classe, sebbene anche qui si affidi ad attori tutti alla prima esperienza (con in testa un clone ingentilito e adolescente di Gianna Nannini, la capa banda Raven Adamson) e regala anche bei momenti (il rito del tatuaggio come iniziazione ad esempio), ma nel complesso, seppure nonostante i 143 minuti non piombi mai nella noia, Foxfire è lavoro che presenta svariate ombre e che stenta ad essere penetrante per lasciare un segno indelebile.

Vai alla scheda del film

 

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.


Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.