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Cha cha cha - Recensione

Un thriller in chiave noir che mette al centro i rapporti tra Stato e criminalità: Luca Argentero, Claudio Amendola ed Eva Herzigova protagonisti di una storia che getta uno sguardo sulla corruzione che si annida nel tessuto sociale del nostro Paese

L’indagine su un comune incidente d’auto non convince del tutto un investigatore privato, ex poliziotto, che cerca di scoprire cosa si celi davvero dietro alla storia.
Il regista Marco Risi, già noto al grande pubblico con pellicole come Mery per sempre e Fortapàsc, confeziona questa volta un thriller in chiave noir: il suo Cha cha cha getta uno sguardo sulla corruzione che si annida nel tessuto sociale del nostro Paese.
Il detective Corso (Luca Argentero) è legato da anni all’ex attrice Michelle (Eva Herzigova) e si occupa di seguire suo figlio, coinvolto nell'incidente, per capire cosa nasconda alla madre. A mettergli i bastoni tra le ruote, ma allo stesso tempo a dare una svolta alla vicenda, il commissario Torre (Claudio Amendola), l’uomo che rappresenta lo Stato, l’antieroe, il cattivo.
Corso/Argentero si rifiuta sempre di scendere a compromessi, nonostante gli venga offerto più o meno gentilmente di lasciar perdere quest’indagine, che in realtà nasconde molte più magagne di quelle che si possano immaginare all’inizio. Si tratta di un eroe vero, come forse non ce ne sono più. Attraverso di lui Risi cerca di proporre un modello positivo, seppure ormai desueto, almeno stando alle cronache degli ultimi anni.
Il racconto è sempre appassionato e gli attori sono più che coinvolti ognuno nel proprio personaggio. In effetti si capisce quasi da subito di chi siano le responsabilità, ma vengono lasciati dei punti in sospeso, magari per affrontarli in un capitolo successivo.
L’ambientazione è una Roma notturna, vista dalla parte dei palazzi signorili, ma soprattutto dalla strada, con spaccio e prostituzione che fanno da sfondo alla storia. I poliziotti corrotti dai potenti e la malavita sono tra gli elementi che danno una particolare connotazione a questo film, che in un primo momento potrebbe ricordare La grande bellezza di Paolo Sorrentino e infatti c’è una scena di una festa in terrazza che è davvero molto simile. Il ballo, da cui la pellicola prende il titolo, è un elemento molto marginale, ma rappresenta il momento in cui - nonostante la tensione sia altissima - il protagonista si rilassa per un momento e ritrova il sorriso.

Il ritmo è coinvolgente, ma in alcune scene i dialoghi non sono del tutto verosimili, come d’altronde il finale, che è un po’ troppo semplicistico rispetto al resto del racconto.

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