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Hates - House at the End of the Street - Recensione

Jennifer Lawrence in un thriller domestico ad alta tensione che ricicla male molti ingredienti del cinema orrorifico. Risultato? Un miscuglio di idee rubate qua e là

Una madre divorziata di fresco e sua figlia adolescente Elissa si trasferiscono in una casa meravigliosa in mezzo ad un bosco, pagata una cifra irrisoria. Il perché di quest'affare immobiliare è presto detto: la casa di fronte alla loro è stata luogo di un truculento duplice omicidio di una coppia di genitori, uccisi dalla loro bambina. La casa però non è disabitata: all'interno vive ancora Ryan, fratello maggiore dell'omicida e unico sopravvissuto alla strage domestica. Elissa decide di scavare più a fondo nella vita del tenebroso e affascinate Ryan, che nasconde un segreto...
Trovare dei punti di forza (che esulino dalla bravura e della bellezza di
Jennifer Lawrence) in questo film è un'impresa. Di fatto il mestiere del critico prevede, dove necessario, anche brucianti stroncature. E qui è il caso di agire con poco tatto.
Hates – House at the End of the Street è un miscuglio di idee rubate qua e là da vari film (e filmacci) a stampo thriller-horror e rattoppati su uno script senza suspense, senza nerbo e senza incisività.
La storia banale e lo sviluppo prevedibile in modo imbarazzante non ne fanno di per sé un brutto film: forse qualcosa di peggio. Una pellicola assolutamente dimenticabile, uguale a milioni di altre, dove neanche le scene clou riescono a far saltare lo spettatore sulla sedia, o a mettergli addosso un minimo di irrequietezza.
Gli ingredienti triti e ritriti ci sono tutti: la 'casa misteriosa e maledetta', un omicidio attuato da una bambina con capelli lunghi e lisci perennemente davanti agli occhi (ricorda qualcuno?), il bello e tenebroso, la bella e diversa, il poliziotto buono, la madre divorziata.
L'attore co-protagonista
Max Thieriot deve la sua fortuna alla presenza della Lawrence, senza la quale difficilmente questo film avrebbe trovato una degna distribuzione. Anche perché le motivazioni psicologiche alla base del comportamento di Ryan, nel film solamente accennate e gettate via con qualche scena della durata di meno di un minuto sul finale, sarebbero potute essere il vero fulcro e fascino del film. O salvezza, a seconda di come la si vuole vedere.

L'unico vero elemento horror in questo film di
Mark Tonderai è la presenza di Jennifer Lawrence come protagonista, uno spreco di attorialità e pregio che poteva benissimo essere evitato. Ma tutti i grandi cammini sono costellati da cadute.

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