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La scelta di Barbara

Per Christian Petzold un poco convincente rewind temporale all'epoca della Guerra Fredda e della DDR, costruito su una storia d'amore fatta di scelte non molto chiare. Orso d'Argento al Festival di Berlino 2012


La scelta di Barbara è un salto indietro nel tempo, che si rituffa in ambientazioni da Guerra Fredda cui il cinema ci aveva ormai disabituato, sempre più proiettato ad inseguire tematiche storico-politiche moderne al centro delle quali non c'è più spazio per le tensioni contrapposte Est-Ovest, che furono humus quasi inesauribile per il cinema degli anni '80 e '90.
Non è che il lavoro di Christian Petzold rifulga di quella nostalgia un po' vintage che ripropone ambientazioni cupe e meste, anzi da un certo punto di vista va oltre quegli schemi a metà strada tra il thriller politico e la spy story e costruisce un racconto che, nella sua essenza, è piuttosto personale e che fa di un'atmosfera tutt'altro che marcatamente tetra il suo marchio distintivo.
Ambientato nei tardi anni '70 nella ex DDR, il film vede protagonista Barbara, una giovane donna medico che viene trasferita in un piccolo ospedale di provincia per punizione per avere tentato l'espatrio in Occidente; qui incontra un altro medico, anch'esso colpito dalla stessa sorte, la cui colpa è puramente di tipo professionale e che per mantenere il lavoro ha dovuto accettare di entrare nello sterminato apparato di controllo della Stasi. Il rapporto tra i due, che è poi l'asse portante narrativo del racconto, è subito incentrato sulla diffidenza: ognuno dei due sa che l'altro sa e i comportamenti di Barbara, abbrutita dalla punizione e dalla solitudine, non fanno altro che acuire la contrapposizione. Solo la professione riesce a creare un legame tra i due, anche se un po' alla volta le cortine personali sembrano perdere quella durezza granitica iniziale, al punto che il progetto di fuga della donna con il suo amante occidentale crea qualche scrupolo nella coscienza.
Abbandonando le stereotipate atmosfere grigie da Est europea (la cittadina dove è ambientata la storia sembra una tranquilla località di provincia graziosa ed ordinata), pur conservando quell'impianto da società ipercontrollata e repressa, il regista racconta una storia in cui due destini diversi si incontrano e si confrontano, dove ancora sembra esserci spazio per una certa arbitrarietà di scelta e dove proprio le scelte diventano l'affermazione dell'individualità. Se la sottile tensione che regge il rapporto tra i due protagonisti è un discreto traino per il film, altrettanto non si può dire per il resto: situazioni che nonostante tutto cadono nello stereotipo, eventi che si incrociano in maniera fin troppo casuale e scelte che sembrano essere dettate ora dal cuore ora dalla ragione, fanno de La scelta di Barbara un lavoro che lascia troppe ombre e che non convince più di tanto.

Mancano il calore e le pulsioni, e troppo spesso tutto si riduce ad un racconto freddo che neppure sotto una coltre di cenere nasconde una seppur piccola fiammella: non basta mostrare l'ufficiale della Stasi che tormenta con le sue visite e le perquisizioni la donna per creare quel minimo di pathos in una storia in cui, in fondo in fondo, è in gioco la vita e la dignità umana. Nina Hoss e Ronald Zehrfeld danno vita ad una coppia il cui rapporto è l'unico elemento che dona qualche scintilla positiva al film grazie ad una buona prova complessiva.

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