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Vita di Pi

Una immagine di Vita di PiTratta da uno dei romanzi più letti degli ultimi anni, l'ultima (e lunga) fatica di Ang Lee è un film tra il fantastico e il viaggio nella spiritualità, dove Natura e Fede si contendono le attenzioni del protagonista

Quando nel 2003 la Fox 2000 Pictures acquistò i diritti per la trasposizione cinematografica di uno dei romanzi di maggior successo degli ultimi anni, Life of Pi del franco-ispanico-canadese Yann Martel, probabilmente non si rese conto sin da subito dell'enorme sfida che veniva lanciata, né tanto meno il lungo travaglio che avrebbe condotto dopo quasi dieci anni alla uscita del film: registi che prendono e lasciano il progetto, sceneggiatori che scrivono e buttano alle ortiche l'adattamento cinematografico, fino a che nel 2009 Ang Lee prende in mano l'idea portandola a compimento, chiudendo la sfida con un'opera che mancava nella sua premiatissima e lunga carriera.
Un paradiso terrestre indiano, popolato da animali cui il 3D sembra donare un aspetto fiabesco, apre il racconto di Pi, oggi uomo maturo che vive in Canada, sulle cui tracce, alla ricerca di una storia straordinaria da raccontare, c'è l'autore del libro, cui l'uomo racconta nelle due ore del film la sua storia unica ed irripetibile.
Pi vive fino a 17 anni nel suo mondo a contatto con gli animali, affascinato da una sorta di spiritualità naturalistica e stimolato dalla ricerca di una identità religiosa: nato induista, nel suo personale pantheon sincretista hanno posto anche Dio e Allah, tutti creatori di una armonia terrena di fronte alla quale il ragazzo rimane rapito dalla meraviglia. Lasciata l'India per raggiungere il Canada, la famiglia di Pi si imbarca su un mercantile giapponese, trasformato in una moderna Arca di Noè, con tutti gli animali dello zoo al seguito: una tremenda tempesta distrugge tutto, lasciando il solo Pi su una scialuppa con una maestosa tigre del Bengala. La strana coppia, in una difficile convivenza, vagherà per oceani e luoghi incantati fino a quando raggiunta la salvezza la Natura provvederà a rimettere ognuno dei due al suo posto.
La storia è ricca di spiritualità, di riflessioni sulla religione e sulla Natura, sul rapporto imperfetto e tragico tra l'uomo e le forze della Natura, sulla fede e sulla speranza, sulla fantasia e sulla razionalità (emblematico il finale); il tutto raccontato con la consueta forza narrativa da parte di Ang Lee, che si diverte anche a giocare con alcune citazioni, su tutte il rimando a Poe nel nome della tigre, Richard Parker, e cementato da uno stile tecnico impeccabile (le scene delle tempeste sono assolutamente straordinarie, girate a Taiwan nel più grande bacino artificiale del mondo).
Tutta la parte centrale che racconta della coppia di naufraghi alla deriva scivola un po' troppo nello stile Cast Away, e questo appare un limite indubbiamente, anche se il sottile filo emozionale che lega la storia, seppur tenue in alcuni passaggi, tiene e si magnifica in alcuni momenti da quasi-fantasy (l'approdo su una isola che sembra fuori dal mondo).

Vita di Pi è un lavoro che senz'altro non può passare inosservato, che regala grandi momenti, che lascia gli occhi spalancati per la sua perfezione stilistica, che conferma come Ang Lee sappia muoversi bene tra tutti i generi, ma che, in fondo in fondo, suona un po' troppo, nonostante tutto, come favola moderna  moraleggiante. 

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