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Di nuovo in gioco

Un Clint Eastwood in grande forma per un film che guarda agli appassionati del baseball, ma anche una storia che fa riflettere sull’evoluzione dello sport stesso

Ci aveva, purtroppo, fatto mettere l’anima in pace nel 2008 quando, all’uscita di Gran Torino, dichiarò il suo addio definitivo davanti alla macchina da presa, per dedicarsi esclusivamente al suo lavoro da regista. Fortunatamente per noi non è stato così e Clint Eastwood torna in veste di attore grazie a Robert Lorenz, instancabile collaboratore della Malpaso Productions, nella quale cura ogni fase dei film prodotti, dallo sviluppo alla distribuzione.
Alla prova del nove, quella che lo vede cimentarsi con la regia, Lorenz dimostra di aver osservato con grandissima attenzione il maestro e di averne introiettato tecnica e gusto. Trouble with the Curve (titolo originale della pellicola e sicuramente più attinente) è la storia di Gus Lobel, talent scout degli Atlanta Braves, una delle squadre della Major League Baseball. In controtendenza con le moderne tecnologie Gus continua a fare il suo lavoro basandosi sul suo intuito ed esperienza, nonostante l'avanzare dell'età gli procuri gravi problemi alla vista. Ad aiutarlo ci penserà sua figlia Mickey (Amy Adams), con la quale non è mai riuscito ad instaurare un rapporto sincero, ma che lo accompagnerà nel suo viaggio nel Nord Carolina, alla scoperta di un nuovo talento. A fare da terzo incomodo Johnny Flanagan (Justin Timberlake), giovane scout dei Red Sox che si innamora di Mickey.
Quella che emerge è una storia che si rivolge sicuramente al mondo degli appassionati di baseball ma che coinvolge, per la passionalità che ne traspare dal racconto, anche un pubblico di neofiti.

Di nuovo in gioco è dunque un film per riflettere sul significato intrinseco nello sport, che va al di là di mere logiche di mercato e si concentra sul talento 'puro', riconoscibile anche semplicemente attraverso lo specifico suono che emette la palla quando il battitore la colpisce. Il tutto con una regia equilibrata e volitiva, che lascia lo spazio necessario alle performance degli interpreti, dove Clint Eastwood giganteggia anche solo quando gli viene chiesto di accendersi un sigaro.

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