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Code Name: Geronimo

Una immagine tratta dal film Code Name: GeronimoFacce basite. Litigi in mimetica. Inseguimenti estenuanti. Il film di John Stockwell vorrebbe raccontare il dietro le quinte dell'uccisione di Bin Laden, ma non ci riesce

Se vi aspettate uno sfoggio di effetti speciali che non badano a spese, andate a vedere un altro film. Se pensate che si tratti di un lavoro introspettivo sui pochi che hanno diretto la missione contro Osama Bin Laden, spiacenti, ma resterete delusi. Se confidate in una vena di ironia che conceda una prospettiva originale sull’uccisione del nemico pubblico dell’Occidente, siete proprio fuori strada. 

Cosa aspettarsi allora da Code Name: Geronimo? Qualche bang bang, un paio di fusti e un team della CIA vestito sempre allo stesso modo.
Tutto inizia nella penombra di una stanza, con un interrogatorio da cui salta fuori il nome di Abu Ahmed Al-Kuwaiti. Due agenti sotto copertura, in Pakistan, spiano l’edificio di fronte in cui Vivian Hollins (Kathleen Robertson), analista della CIA, è convinta si nasconda il leader di Al-Qaeda. Intanto la squadra speciale di Navy SEALs viene spedita a Bagram, Afghanistan, dove inizia l’addestramento con coretti motivazionali da Full Metal Jacket (ma qui sono seri). Come va a finire lo sappiamo tutti. Facce orgogliose, il Presidente Obama che annuncia la morte di Osama e i festeggiamenti in piazza per l’uccisione di un assassino. 
L’obiettivo del regista John Stockwell e dello sceneggiatore Kendall Lampkin era quello di raccontare i retroscena di uno degli eventi più popolari della Storia, attraverso la dimensione privata degli autentici protagonisti dell’operazione. Il risultato è sfocato, quasi inconcludente. Se fosse stato un film per il piccolo schermo, forse non ci sarebbe stato molto da rimbrottare, ma non dimostra di avere i requisiti per essere destinato alle oltre cento sale che lo proietteranno in Italia. Tanto che nei cinema statunitensi ne è stata annullata l’uscita, limitandone la trasmissione sul canale di National Geographic. Saggia scelta. 
I personaggi vengono trattati in modo superficiale: sembra più l’episodio pilota di una serie televisiva che un lavoro auto-conclusivo di novanta minuti. Soprattutto ai soldati è riservato un trattamento da fiera dell’ovvio. I dettagli fedifraghi tra i machi in mimetica si risolvono in un combattimento con qualche mossa di arti marziali e non hanno alcuna utilità ai fini della narrazione. Le espressioni sconvolte dei tre moschettieri della CIA ricordano le facce dei protagonisti dell’immaginario Gli occhi del cuore. Mentre il discorso di Obama e l’elezione del nuovo leader di Al-Qaeda in chiusura sono totalmente slegate dal resto del film.

Potremmo dire cosa non è Code Name: Geronimo: non è un film di adrenalina, non è drammatico, non è un documentario. Forse è un’esercitazione, proprio come quella dei soldati durante l’addestramento. 
 
 
 
 
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