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Le belve

Una immagine tratta da Le belveIl nuovo lavoro di Oliver Stone si muove tra azione e sentimento, fra narcos fai-da-te e narcotrafficanti veri e spietati. Film onesto ma che non regala grandi sussulti né mirabilie a parte qualche spunto (volontario?) di sarcasmo e ironia

Ispirato al romanzo di Don Winslow che nel 2010 fu uno tra i best seller in America, Le belve di Oliver Stone è una incursione del regista nel modello cinematografico-letterario della crime-story condita da una buona dose di azione.
Ambientato a cavallo tra California e Messico, tra amene località rivierasche e barrios, racconta una storia di droga, di traffici loschi, di amicizia e di legami indissolubili.
Protagonisti tre bei bambacioni tipicamente american style: il botanico mezzo freakettone, il reduce dall'Afghanistan e la biondona uniti da un legame fatto di amicizia e di sesso libero, in stile tardi anni '70, che se la spassano grazie alle loro piantagioni di marijuana che rendono profitti immensi; sono dei narcos sui generis, molto professionali, precisi, altruisti che però vanno a rovinare i piani dei cazzutissimi narcos messicani che vorrebbero espandere la loro area di influenza.
Giungere ad un accordo è impossibile e quindi si scatena una violenta guerra nella quale l'impavido terzetto si gioca tutto e dove non saranno le brame di potere, né il denaro a dominare, bensì la forza dei legami personali, su una sponda e sull'altra, sotto l'occhio dei soliti agenti FBI collusi.
E' proprio questa deriva sentimentale-affettiva l'aspetto che spinge il film verso modelli non francamente riconoscibili: da un lato i due amici che amano la stessa donna, dall'altro la padrona del narcotraffico messicano più angosciata dal tentativo di recuperare l'affetto della figlia che dai risultati del business, in mezzo una schiera di loschi personaggi e di abili manovratori che dalla contesa cercano di trarne beneficio.
Il film dà il meglio di sé in una certa qual dose di ironia e sarcasmo nel tratteggio dei personaggi e di alcune situazioni (il confronto tra lo scagnozzo Lado e l'agente federale Dennis è magistrale, passando dal dramma al grottesco in un battere di ciglia) e, va precisato, sono proprio i personaggi più sfaccettati quelli meglio riusciti: la combattuta Elena capo dei narcos, Lado, il suo factotum aguzzino dall'aspetto grottesco simil-tarantiniano, Dennis nel suo barcamenarsi tra pericolosi marosi, mentre lasciano molto a desiderare il Ben reduce con addosso, nel corpo e nella psiche, i segni della guerra (in Iraq e Afghanistan naturalmente), il Chon povero illuso e filantropo e la Ophelia tipica discendenza da figlia dei fiori.

Nel complesso il film si lascia vedere, anche se la trama più di tanto non avvinghia soprattutto perché ad un certo punto tende a poggiarsi più sulle atmosfere che altro ed anche il finale bifido, da autentico revival western, sembra volere mettere a posto tutto, immaginazione e realtà, in maniera un po' consolatrice.
Tra gli attori spiccano soprattutto John Travolta, Benicio Del Toro e Salma Hayek proprio nei ruoli dei tre personaggi più riusciti di tutto il film.

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