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Eternal Homecoming (Festival di Roma 2012 - Concorso)

Una scena tratta da Eternal HomecomingUna storia semplice, quasi uno straccio di sceneggiatura: lui e lei si incontrano dopo tanti anni dai tempi della scuola; lui sta nei guai sentimentalmente e cerca lei per chiedere consiglio. Deludente prova per Kira Muratova in un film in cui la circolarità è sinonimo di noia e fuga dalla sala

Mostrando dei provini messi in piedi da un regista che nel frattempo è morto (ma attenzione, questo lo si scopre fugacemente solo verso la metà del film), assistiamo al va e vieni di attori e attrici che interpretano a modo loro, mostrando le doti recitative e i più nascosti lati caratteriali, la scarna partitura che ovviamente viene più e più volte ripetuta e rimestata.
Chiacchiere sui tormenti amorosi e sull'indecisione ad agire, recitati con ostentata teatralità in un bianco e nero artificioso, diventano il perno intorno a cui ruotano i personaggi per giungere ad un finale che carico di un ostentato sarcasmo, che giunti a quel punto suona alquanto fuori luogo, prende di petto il mondo dietro le quinte e della produzione del cinema.
Non lasciarsi ingannare dalle sirene del 'metacinema' e del 'metateatro', Eternal Homecoming, film ucraino di Kira Muratova, in Concorso al Festival del Film di Roma, soffre di un errore di partenza grave: la presunzione che si possa arrivare a tre quarti di film mostrando solo e soltanto la stessa scena ripetuta all'infinito, senza scatenare una fuga colossale dalla sala dei poveri spettatori.

Se l'idea di partenza (la finzione cinematografica manipolata dall'individuo secondo i canoni a ciascuno più consoni) poteva avere un qualche interesse, lo sviluppo che produce la regista ucraina è assolutamente deludente, regalando a piene mani momenti di noia totale, anche laddove si voglia intravvedere una divertita dissertazione sul ruolo dell'attore.
Ancora una volta l'eccesso di autorialità sembra pervadere il Festival e, seppur farina del sacco di una autrice stimata, va a scapito della qualità ed Eternal Homecoming sembra essere proprio il prototipo di questo atteggiamento narrativo che ha imperato nella rassegna.

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