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Capire la tecnica di Brian De Palma

Una immagine di Brian De Palma, Noomi Rapace e Rachel McAdams sul set di PassionIncontro con il grande maestro nell'ambito della 69esima Mostra del Cinema di Venezia. Il regista americano ha portato al Lido Passion, thriller incandescente che vede protagoniste Noomi Rapace e Rachel McAdams

Passion di Brian De Palma è stato accolto dalla critica alla 69esima Mostra del Cinema di Venezia un po' freddamente. Qualcuno l'ha considerato un ottimo film, meritevole di partecipare al concorso perché è un thriller realizzato nel migliore dei modi. Altri invece hanno accusato il regista americano di aver realizzato un film anacronistico, poco innovatore e retorico.
Sembra opportuno, quindi, domandare a De Palma come ha operato per creare Passion.


Passion
è il remake di
Crime d'amour di Alain Corneau del 2010. Che tipo di lavoro ha condotto rispetto al film originale?
Nello scrivere la sceneggiatura ho voluto inserire più interrogativi, più momenti di dubbio, per aumentare il mistero. Per questo ho celato, rispetto alla pellicola di Corneau, l'identità dell'assassino fino all'ultima scena, proponendo anche altri candidati. Nel raggiungimento di questa atmosfera mi hanno molto aiutato la struttura onirica e la sua stretta compenetrazione con la dimensione reale. Infine ho definito meglio il personaggio di Isabelle (interpretato da Noomi Rapace, ndr.). Le ho voluto conferire maggiore simpatia, in modo tale che il pubblico si potesse affezionare e parteggiare per la sua causa.

In merito alla decisione di creare uno stretto rapporto tra sogno e realtà, come le è nata questa idea?
Secondo me qualsiasi cosa riguardi l'uomo nasce nel sogno. Tutto ciò che la nostra immaginazione crea mentre dormiamo ha uno stretto riferimento con la realtà, passata, presente o futura. Personalmente molte delle idee, delle immagini provengono dai sogni. Capite bene che poi parlare di sogno in un thriller aumenta ancor di più la suspense.

Nella realizzazione di un thriller è meglio un buon inizio o un buon finale?
Devono essere giustamente compensati. Il finale, ovviamente, deve essere affascinante perché l'ultima scena, l'ultimo fotogramma rimangono fissi nella mente dello spettatore con maggiore intensità. Certo l'inizio non deve essere molto spettacolare, anzi il contrario. Deve, però, rendere già l'atmosfera e specificare i presupposti.

Come è stato, in particolare, lavorare con Noomi Rapace e Rachel McAdams, la due protagoniste?
C'è stata molta complicità e dialogo. Hanno assimilato subito la caratterizzazione dei loro personaggi e hanno apportato battute e movimenti in più rispetto alla sceneggiatura, in base alla loro personale assimilazione dei rispettivi ruoli. Soprattutto hanno deciso di rendere più esplicito la perversione dei loro personaggi. Attraverso battute e gesti hanno voluto maggiormente puntare l'accento sull'elemento sessuale, inteso come strumento di conquista del potere, più che come pratica sensuale.

L'ultimo quesito riguarda il suo rapporto con la tecnologia che in Passion è dominante. Non essendo il suo primo film in cui è così presente, che cosa rappresenta?
La tecnologia serve per definire temporalmente il tempo dell'azione. Ho voluto puntare sulla contemporaneità, sul nostro presente in cui l'arrivismo e l'arroganza, soprattutto nei grandi luoghi di lavoro, come l'agenzia in cui lavorano Isabelle e Christine, sono componenti fondamentali. Inoltre la tecnologia è la cartina di tornasole per capire come si evolverà il mondo. In Passion metto in risalto come essa sia una componente fondamentale della nostra vita e come ci può aiutare o essere di danno.

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