Reign of Assassins
- Scritto da Francesco Siciliano
- Pubblicato in Asia
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In Cina, durante la dinastia Ming, una potente banda di assassini, chiamata Pietra Oscura, entra in possesso di una parte dei resti di un mistico buddista che, secondo una leggenda, se messi insieme danno un potere illimitato: chiunque li custodisse dominerebbe le arti marziali come nessun altro. Drizzle, una spietata, astuta e feroce killer della gang, nota a molti per la sua non comune abilità nel maneggiare la spada, si impossessa furtivamente delle reliquie, convinta anche lei che i resti riescano a renderla invincibile nella pratica del kung fu. Dal momento dell'incontro casuale con il Saggio, un monaco dotato di grande carisma, cambia tutto per lei: l'uomo persuade la donna a riporre per sempre la spada nel fodero per iniziare una nuova vita che dia importanza al valore dell'amore. Drizzle capisce quanto sia necessario intraprendere un'esistenza diversa per salvare la sua anima: comincia così un percorso di redenzione che la porta a rinnegare la sua attività fondata sulla violenza. Fa perdere le sue tracce e, per non essere scovata dai suoi vecchi compagni, si sottopone ad un trapianto facciale e cambia nome. Trasferitasi nella Capitale, apre un'attività commerciale e fa la conoscenza di un ragazzo umile con cui presto convola a nozze. Ma per quanto si sforzi di passare inosservata, Drizzle si ritrova braccata dai membri della Pietra Oscura, intenzionati a vendicarsi del suo furto ed a recuperare i preziosi resti del monaco. Costoro non sono gli unici a voler rivalersi nei suoi confronti.
In bilico tra melodramma in costume ed arti marziali, Reign of Assassins, fuori concorso alla 67esima Mostra del Cinema di Venezia, mescola sentimenti e tripudio scenografico degli effetti speciali tipici del wuxiapian (il cappa e spada in salsa cinese), con una vitalità drammaturgica, nel solco di una storia d’amore (quella tra Drizzle ed il marito), che per i suoi sviluppi si avvicina ai climi della tragedia greca. Il nuovo film dell'eclettico regista taiwanese Su Chao-pin, co-diretto dal maestro del noir hongkonghese John Woo, dispiega un'impostazione stilistica dal forte impatto spettacolare che rimanda ai classici della tradizione, ma anche ad opere più recenti del genere come Seven Swords di Tsui Hark e La tigre e il dragone di Ang Lee. Colpiscono le scene dei duelli all'ultimo sangue, anche se a poco a poco il carosello di tradimenti, agguati e cambi d'identità che fa da contorno alla vicenda perde di spessore.
Ad ogni modo, onore alla fantasia visiva di Su, capace di raffinate e violente sequenze con armi coreografiche. Lasciando perdere la sostanza che soggiace ai meccanismi narrativi, quanto mai fumosa e pretestuosa, sul versante action Su ci regala diverse soddisfazioni. Superiori alla norma i trascinanti corpo a corpo e le fulminee arti marziali scandite come balletti tra la vita e la morte. Anche più intensi, però, e laceranti, gli attimi in cui viene a galla la passione amorosa che coinvolge drammaticamente la protagonista.
Sottintesi sentimentali a parte, il film ripropone i motivi di fascinazione del genere, dalle leggiadre scene d'azione agli incandescenti risvolti mélo, strizzando l'occhio al pubblico occidentale e smussando quindi alcune estremizzazioni. Il lavoro svolto da Su, da assaporare rigorosamente su grande schermo, merita un giudizio positivo, quantomeno per lo sforzo profuso nelle coreografie (che portano anche il marchio di fabbrica di Stephen Tung) e per l'ottima prestanza degli interpreti, a cominciare da una rinata Michelle Yeoh.