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The Shaft (Dixia de tiankong)

shaftLa piccola epopea di una famiglia rurale, tra le contraddizioni della Cina di oggi, in bilico tra retaggi del passato e nuovi valori. Opera d’esordio di Zhang Chi. Sulla scia del neorealismo del cinema indipendente cinese, un omaggio agli ultimi (e non solo), quelli sulla cui pelle si è giocato il boom economico

In una cittadina di un villaggio rurale nell’Ovest della Cina tre membri di una famiglia di ceto basso si ritrovano ad affrontare un momento delicato della loro esistenza: Jingshui, una ragazza seducente che fa l’impiegata in un’azienda che produce carbone, vuole cambiare vita, ma non sa se farlo insieme al suo fidanzato, un minatore che nutre dei dubbi sulla sua fedeltà, o ad un uomo ricco di città che vorrebbe prenderla in sposa; il di lei fratello, Jingsheng, uno studente giunto all’ultimo anno di liceo, non ne vuole sapere di impegnarsi per andare all’università: sogna di diventare una star musicale, ma ben presto capisce che l’unica prospettiva che ha è quella di farsi assumere nella miniera non lontano da casa sua; Ding Baogen, il padre di Jingshui e Jingsheng, dopo aver trascorso la gran parte della sua vita a spalare carbone, va in pensione e sfrutta il meritato riposo per cercare la moglie scomparsa da molti anni.

Tra i più bei film in programma in concorso al 26esimo Torino Film Festival, The Shaft (che vuol dire ‘il pozzo’) nasce dall’urgenza di documentare vicende di esistenze ordinarie in cui prevale la fatica di andare avanti e la mancanza di qualsivoglia forma di sostegno, sullo sfondo della Cina rurale del post-maoismo, stretta tra eredità del passato e spinte alla modernità. Vicende di miseria, di sfascio familiare, destinate ad un epilogo triste, rese dal regista esordiente Zhang Chi, nuova voce promettente della corrente neorealista del nuovo cinema indipendente cinese, guardando con occhio entomologico la cronaca delle grandi questioni della vita, attraverso tante venature quotidiane e tanti riferimenti sociali che solamente in parte noi spettatori occidentali riusciamo a cogliere.
Il film prende così la forma di un ritratto implacabile, in chiave sociologica e realista, di una nazione in cui si stanno dissolvendo i valori della tradizione, senza essere ancora sostituiti da altri più solidi, ma anche di un omaggio sentito al sacrificio di quelle persone sulla cui pelle si è giocato lo sviluppo economico (lo si intuisce dalla pietas con cui la macchina da presa accarezza le vicende del personaggio di Ding Baogen, l’ultimo di una generazione tutta d’un pezzo sul viale del tramonto). Non è un film politico in senso stretto, e neanche di denuncia sociale: è un’opera prima di grande rigore formale, ma non sempre facile da seguire per via dei tempi dilatati privilegiati da Zhang per il suo sguardo straziante sulla Cina di oggi. C’è qualcosa di vero e malinconico che commuove nel suo racconto di tre vite sospese, compiuto nella sua semplicità diretta, di consapevolezza senza retorica.

Francesco Siciliano

25 novembre 2008

Il nostro giudizio
stelleeem

 

The Shaft

Titolo originale: Dixia de tiankong
Regia: Zhang Chi
Interpreti: Deyuan Luo, Xuan Huang, Luoqian Zheng, Chen Li, Qiya Gong
Genere: Drammatico
Nazione: Cina
Anno: 2008
Durata: 98’

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