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Rigor Mortis - Recensione (Venezia 70 - Giornate degli Autori)

Il giovane regista di Hong Kong Juno Mak esordisce con l'horror Rigor Mortis. Un buon mix di effetti speciali, su un impianto narrativo tradizionale

Un uomo con indosso i suoi occhiali da sole, cammina per strada con in mano le sue valigie e una gabbia. Arriva in un fatiscente residence e prende la stanza 2442. È un ex attore, con un passato oscuro, intenzionato a farla finita. Si appende al soffitto, ma il gesto scatena la presenza di spiriti macchiati di sangue che vogliono impadronirsi del suo corpo. Poco prima che ciò accada un altro uomo taglia la corda dell'impiccato, annullando l'azione dei fantasmi. Rimasto, in vita l'ex attore comincia a conoscere gli abitanti del posto, le loro storie inquietanti e tenebrose e i loro misteri che includono anche quegli spiriti che lo cercano. Come se non bastasse, altre presenze misteriose si aggirano per il residence, un uomo scompare senza lasciare traccia e la tensione aumenta fino al 'sacrificio finale'.
Il giovane regista Juno Mak, classe 1984, realizza un horror vecchio stile, rifacendosi ai film di genere cinesi degli anni Ottanta con vampiri, zombie e sangue che scorre senza fine. Utilizza quindi un pattern consolidato con tutti i nodi narrativi ben sviluppati.
Il protagonista in fuga dal suo passato è pronto per una nuova sfida; il co-protagonista, stanco della vita, è specializzato in magia; c'è un mistero in continua evoluzione, alimentato anche da due gemelle che aleggiano nel residence come fantasmi e un vampiro creato attraverso riti occulti da uno strano santone. Il tutto è finalizzato a sviluppare la suspence e il terrore. I personaggi, tra tutti Chin Siu-hou nel ruolo del protagonista senza nome ed Anthony Chan che impersona Yau, il co-protagonista, sono personaggi perfetti per la storia. Il primo è misterioso, enigmatico, forte e capace, mentre il secondo è sicuro, cinico, per nulla timoroso e aggrappato alla sua sigaretta. Entrambi sono inseriti in un tempo dilatato e lento che incornicia un'azione scandita da una musica opprimente in cui la narrazione scorre e rivela i misteri attraverso il flash-back. A completare il tutto ci sono le alchimie utilizzate dagli attori per scongiurare il male, i rumori di ossa rotte e il lento fluire del sangue.

Rigor Mortis non appare originale narrativamente, ma ha sicuramente il pregio di essere un film di genere convincente, realizzato con un adeguato uso delle riprese digitali e degli effetti visivi e sonori che non sono mai invasi. Talvolta Juno Mak si perde in leziosità stilistiche che a tratti distolgono l'attenzione dalla narrazione, ma la sua bravura si rivela nell'enigma finale: è davvero accaduto tutto quanto o è stato solo una grande illusione?

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