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Johnnie To-Wai Ka-Fai, la coppia che non sbaglia un colpo

Johnnie To e Wai Ka-Fai sul red carpet del Festival del Film di Roma 2012 (Ernesto Ruscio/Getty Images Europe)Conversazione (più estratti video) con due giganti del cinema di Hong Kong: il regista Johnnie To e lo sceneggiatore Wai Ka-Fai. La coppia ci parla del loro nuovo poliziesco, Drug War, presentato in concorso al Festival del Film di Roma 2012, e del loro prossimo progetto, Blind Detective

Abbiamo incontrato il regista Johnnie To e lo sceneggiatore Wai Ka-Fai in un albergo di Via Veneto a Roma anche grazie allo sforzo dell'ufficio stampa che ha reclutato l'interprete cantonese-italiano. Come sempre massima disponibilità e affabilità della coppia, che ha presentato in anteprima mondiale al Festival del Film di Roma 2012 Drug War, poliziesco made in China dalle tinte forti. Alla fine dell'intervista trovate due estratti video del nostro incontro.

Come mai il ritorno al thriller e all'action-movie in questo momento dopo che avevate deciso di abbandonare per un po' questo genere?

Wai Ka-Fai: Per noi fare film polizieschi è sempre un piacere e non c'è un motivo particolare per cui siamo tornati a farlo.

Johnnie To: E' vero che per un po' di tempo ci siamo maggiormente dedicati a film diversi, in verità però questo lavoro era già da 4-5 anni che volevamo farlo. Alcuni anni fa ci siamo recati in Cina per girare un film sull'enorme progetto del governo per fermare il traffico di droga, però ci siamo ben presto resi conto che non ci avrebbero dato l'autorizzazione a girare un film simile. Alla fine abbiamo capito che il poliziesco era quasi assente nella cinematografia cinese perchè la censura non consente film sui poliziotti e quindi fare un film come Drug War per noi era sfida importante che, con un po' di fortuna, abbiamo vinto. Se in Cina fai film storici, non ci sono problemi di alcun tipo, ma per una storia così moderna e contemporanea come la nostra le difficoltà sono molto più grandi.

Johnnie To sul red carpet del Festival del Film di Roma 2012 (Ernesto Ruscio/Getty Images Europe)Sempre in relazione al fatto di avere girato il film in Cina: mi par di capire che è stata oltre ad un esigenza produttiva anche una scelta consapevole, quella di dirigere il primo poliziesco nella Cina continentale, aspetto cui i media cinese hanno dato grande importanza. Possiamo dire che Drug War rischia di diventare un film che farà storia nel panorama cinematografico della Cina?

J.T.: Prima di girare non abbiamo pensato al fatto che questo film potesse aprire una nuova strada per il cinema cinese, però ci abbiamo sperato. Certo, prima di andare lì a girare ci abbiamo pensato bene, non volevamo fare un film come quelli che già sono prodotti in Cina, e in questo è stata veramente una sfida.
Abbiamo avuto difficoltà soprattutto con la sceneggiatura: chiedevamo: 'Questo si può fare?'. La persona A ci diceva sì, la persona B ci diceva no, la persona C ci diceva non lo so. Come potevamo andare avanti così?  Per fortuna abbiamo avuto un produttore bravo che ci ha detto: 'Girate il film come volete e poi vediamo se c'è qualcosa da sistemare', e questo ci ha permesso di girare in tranquillità. Se il genere poliziesco verrà introdotto in Cina sulla scia di Drug War, sarò molto soddisfatto.

W.K.F.: In tutti i paesi del mondo c'è una immagina cinematografica del poliziotto. Solo in Cina c'è uno spazio vuoto sull'immagine del poliziotto, per cui, anche se abbiamo avuto qualche difficoltà in più rispetto a quando giriamo un film ad Hong Kong, siamo stati soddisfatti perché stavamo creando per la prima volta l'immagine del poliziotto cinese ed è stato per noi molto stimolante.

J.T.: C'è un detto ad Hong Kong che dice che i poliziotti sono misteriosi perché non si sa mai bene cosa stiano facendo, quasi fossero agenti di un servizio segreto. Ecco perché noi abbiamo un grande interesse a raccontare le storie dei poliziotti, vogliamo farli conoscerli meglio e fare in modo che ci sia più rispetto per loro.

Ed è questo il motivo per cui avete scelto nel ruolo del poliziotto cinese quel grande attore che è Sun Honglei? Può diventare lui il volto del poliziotto cinese che insegue il cattivo fino alla fine, proprio lui che recentemente in Lethal Hostage interpretava un trafficante di droga?

J.T.: In verità prima di girare il film con Sun Honglei non sapevamo che aveva interpretato in Lethal Hostage un trafficante di droga. Con lui ho già lavorato in Triangle e mi era piaciuto molto il suo modo di recitare anche per quel suo aspetto duro. Sun ci chiedeva spesso se avevamo progetti per coinvolgerlo, desiderava molto tornare a lavora con noi. Quando abbiamo messo in cantiere questo lavoro, abbiamo subito pensato a lui, e solo dopo Wai Ka-Fai ha iniziato a scrivere la sceneggiatura, quindi è sicuramente vero che lo abbiamo scelto appositamente.
A tal proposito volevo aggiungere che abbiamo strutturato il cast in maniera ben precisa: tutti i poliziotti sono attori cinesi, mentre i cattivi sono attori di Hong Kong. Il perfetto contrario dei film polizieschi hongkonghesi, compresi i miei, in cui i criminali vengono dalla Cina e i poliziotti sono hongkonghesi: anche questa è una prova di come cambia il mondo e vedremo se piacerà.

Il cast di Drug War sul red carpet del Festival del Film di Roma 2012 (Ernesto Ruscio/Getty Images Europe)Nei primi lavori il tono e le atmosfere erano più intimiste, mentre ad esempio a partire da Life Without Principle le tematiche sono più universali. Il vostro sguardo si è insomma più ampliato verso la società: questa forma di evoluzione quanto è stata voluta e ricercata?

W.K.F.: In verità a noi piace molto cambiare, spaziare su vari temi, quindi direi che non è stato pianificato, magari scriviamo una sceneggiatura che parla di temi sociali e poi decidiamo di fare un film leggero o una commedia romantica. A noi semplicemente piace spaziare tra i vari generi.

J.T.: Molto spesso le tematiche ci cadono davanti quasi fossero dei segnali divini, ad esempio con Life Without Principle abbiamo voluto raccontare la crisi economica seguita al crack delle borse, episodio che mi ha colpito molto e sul quale abbiamo voluto raccontare una storia. Direi quindi che l'evoluzione nella scelta delle tematiche non è una decisione studiata, bensì una reazione alle cose che ci succedono intorno.

Visto che ci avviamo alla fine dell'intervista, vorrei fare una domanda proiettata nel futuro: i bene informati ci fanno sapere che per febbraio-marzo sarà pronto Blind Detective con Andy Lau. Naturalmente non oso chiedere anticipazioni, bensì solo se esiste un filo ideale che lega Blind Detective a Mad Detective, film di qualche anno fa, oppure se è solo una casuale assonanza di titolo.

(Grande risata di entrambi)

W.K.F.: Beh sì, un collegamento c'è, l'idea di partenza è simile: un poliziotto che ha un problema così come lo aveva quello di Mad Detective. Anche in questo caso il protagonista indaga in un modo non convenzionale ma sempre molto umano, però mentre in Mad Detective l'atmosfera era triste, in questo film abbiamo pensato a come crearne una più brillante, quasi comica.

J.T.: In tutti e due i film l'idea di partenza è far vedere come un poliziotto possa indagare in maniera completamente atipica e diversa risolvendo i crimini. Volevamo creare un altro tipo di poliziotto che sa usare il cervello più della pistola, quindi fuori dagli schemi tipici. Magari la prossima volta faremo un film con un poliziotto in sedia a rotelle o sordomuto.

(Risate generali)





 

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